“Lucrezia Costa produces heartfelt conceptual installations, sculptures and performances that evoke complex feelings of loss, memory, history, and curiosity. With an every changing array of mediums, her works mine the material reality of the world for new meanings and relationships.”

Nato Thompson (curator)


“Each Lucrezia Costa's work is like an epiphany of human-nature interactions. She cleverly uses the environment around her as a reflection tool to mirror our own self-images upon us. By doing so, the artist's perceptual consciousness invites the viewer to discover the depths of the viewer's introspection.”

Tina Petersone (curator)


“Una crepa nel muro racconta un dolore pesante
oppure una via di fuga per una lucertola appena nata.
Lucrezia guarda il mare in una piccola cala dell'Isola fenicia,
Troppo bello, levigato dalla brezza,
neppure un'increspatura sulle giovani onde frante a riva.
Non riesce a fotografare.
Non c'è corrispondenza eletttiva.

Gira le spalle. Un altro paesaggio le appare:
arido, sabbioso, imperfetto nella sua suggestiva richiesta di essere amato.
E lo scatto è miracoloso: scoperta di pesantezza eretica
- che disegna crepe, luoghi dove brulicano la vita e le possibilità -

Nella bellezza facile e scontata, Lucrezia proprio non si riconosce:
cerca l'imperfezione che attende una sua personale compiutezza.
Si commuove,  mi commuove mentre legge  pensieri senza filtri
perché la sua pelle sottilissima non crea barriere tra lei e me: noi.

Ha il cuore grande Lucrezia...
mente mutevole che appunta il dettaglio, 
margine vivo di Creature che non possono essere separate dalla mancanza.
E molti si sorprendono, ne cercano la consapevolezza attraverso 
- lacrime grandi come l'oceano-

Avverte forte l' Anima rara di una pietra trovata, voluta, ripulita,
riposta nella culla di feltro nel dondolo a mano che protegge, riscalda la Creatura, nata ora allo sguardo.

E poi, mi racconta del nonno dalle mani grandi che sanno creare opere meravigliose, 
mi invita alla scomodità seduta su pietre dolcemente  aguzze,
passaggio catartico inevitabile che - tiene a terra - le nostre esistenze vagabonde.
E, - nel momento  in cui ci si arrende - arriva il  pungolo a cercare un varco
in cui ritrovare un equilibrio instabile, ardente - come Pelle Viva-”

Marinella Tomasso



“ La forte immagine dialettica che istituisce Ocean Voung mi regala le stesse palpitazioni dei passi in cui Lucrezia Costa parla di crepe: Il rifiuto al «coprire la violenza», a «intonacarla», il persistere di una situazione di scomodità di cui la crepa è il sintomo – poiché qualcosa di crepato ha perso la sua piena stabilità – delineano un percorso escatologico di liberazione”.

Daniel Dolci (curator)


lucreziacosta.com